Archivi categoria: Pensieri, parole ed emozioni

You might have succeded in changing me

Affetto

Arriva la mail con le news aziendali e, tra gli altri, c’è anche il link ad un articolo sulla giornata dedicata a Titolari e Responsabili dei Centri Specialistici invitati a Siena in occasione del Palio del 2 luglio. Lo apro per vedere se ci fosse qualcuno di mia conoscenza ed in effetti mi passa davanti agli occhi il nome di una collega che lavorava a Salerno quando ci lavoravo anche io.

Siccome volevo la conferma che fosse davvero la stessa persona che conoscevo io, mi metto a cercare il suo nome tra le vecchie email e scappa fuori una di quelle conversazioni infinite con infiniti destinatari che facevamo durante il giorno tra un’operazione e l’altra per programmare le uscite serali con tutta la combriccola di lavoratori più o meno fuori sede. Da li a ritrovare tutte le mail di affetto e stima dei colleghi quando sono andato via da Salerno e che mi sono gelosamente conservato, il passo è stato breve.

E vi confesso che mi stava per scendere la lacrimuccia. Non per semplice nostalgia, ma proprio per il fatto che quando ripenso al passato ed in particolare ai vari “bivi” che ci sono stati nella mia vita, mi domando sempre “Dove ho sbagliato?”. Perché da qualche parte devo aver sbagliato.

Non fraintendete, ho una casa, un lavoro fisso e ben remunerato, tante persone intorno che mi vogliono bene. Ma non mi sento realizzato a pieno.

E se a 14 anni avessi scelto un liceo o ancora meglio un istituto artistico invece che il tecnico commerciale? E se poi avessi fatto l’università invece di iniziare a lavorare subito dopo le superiori? Se non fossi mai entrato in banca? Oppure, se ci fossi entrato ma non fossi mai tornato a Siena? Dove sarei adesso? Cosa farei?

Quando mi faccio queste domande, che immagino siano inevitabili se hai un minimo di aspirazioni nella vita e una buona dose di insicurezza di base, mi ritorna sempre in mente quello che mi disse la mia prof di educazione artistica quando le comunicai che dopo le medie sarei andato al tecnico commerciale: “Per carità Enrico, non andare al Bandini, fai un liceo e prendi tempo per pensare a cosa vuoi fare veramente. Ragioneria ed informatica ti prosciugheranno, quella scuola ti inaridirà”.

E se avesse avuto ragione lei?

You might have succeded in changing me

Domande che non troveranno mai una risposta. Almeno fino a quando qualche cervellone non si deciderà ad inventare la macchina del tempo. Cazzo, cosa state aspettando???

I always thought I was better than this

http://www.dailymotion.com/video/x2kzi8_darren-hayes-darkness_music

Ci sono canzoni che nel bene o nel male ti segnano la vita.

O almeno, per me è stato così con Darkness (video sopra), I Like The Way ed in generale tutto The Thension And The Spark di Darren Hayes.

Prima li ho usati per capire, poi per sfogarmi (piangendo come se non ci fosse un domani) ed infine sono diventati un appiglio, una speranza ed una motivazione a far cambiare le cose. Tutto questo circa dieci anni fa, in un momento, si sarà capito, non proprio felice della mia vita. Che però è stato anche un punto di svolta.

Proprio perché le cose cambiano, tu pensi di aver fatto dei passi avanti, di esserti evoluto. Ed invece no, riascolti quella canzone e ripiombi nella disperazione… Forse perché non ti sei mosso di una virgola?

Poi ci ripensi e capisci che ci sono dei momenti in cui senti proprio un bisogno viscerale di riascoltare quella stramaledetta canzone, come se fosse un porto sicuro della fustigazione mentale. Ed in realtà è proprio così, non c’è un motivo reale per disperarsi. Quelle canzoni, così tristi e cupe ritornano alla loro funzione primaria: farti sfogare.

E quindi… Grazie ancora Darren.

Turning pages over, run away to nowhere

And it’s hard to take control when your enemy’s old and afraid of you

You’ll discover that the monster you were running from is the monster in you

Better to hold on to love, change will come

Ecco va, attacchiamoci all’amore che quello per fortuna non manca.

Deprecare o ignorare?

Se è vero che fin da piccoli ci hanno insegnato ad ignorare i bulli al grido del claim “Solo così la smetteranno, se ti arrabbi, continueranno con ancora maggior veemenza”, è altrettanto vero che, crescendo, vedi diverse forme di stupidità umana, ed avendo un po’ di sale in zucca, a volte capita che ti venga pure voglia di denunciarle.

Ok, forse questa è una “malattia moderna” nata coi social e dettata dal fatto che attraverso Internet tutti possono improvvisarsi paladini della giustizia ed ottenere in un momento un sacco di visibilità/consensi/dissensi.

Quindi io mi chiedo: è meglio ignorare i fenomeni di stupidità (perché poi alla fine, di questo si tratta) per paura che ottengano proseliti o è bene condividerli e far sapere a tutti quanti ridicoli siano? Col rischio però, che poi ottengano ugualmente ancora più seguaci.

Mi rendo conto che si tratta di temi completamente differenti, con implicazioni profondamente diverse, ma il senso secondo me non cambia.

Che si tratti dell’ISIS, della persona/associazione omofoba di turno (vedi questo video dell’Associazione ProVita che fa ridere i polli), di Gasparri che litiga con le ragazzine un po’ in carne su Twitter o del cretino a caso che parla ai microfoni de La Zanzara, la domanda è sempre la stessa: condividere e deprecare o ignorare?

#PechinoExpress, Angelina e la comunità LGBT

Chi segue Pechino Express, il programma di Rai Due che manda famosi e non a giro per il mondo, lo sa, Angelina è uno dei personaggi più forti di questa terza edizione. E ispira subito simpatia, se, come me, ami “la cattiveria”.

Quello che non conoscevo è la storia della sua transizione, nemmeno accennata nel programma, perché giustamente “non si è scelto di giocare con un tema puntando sulla finta sensibilizzazione che in realtà non lo è, ma che cela anzi un becero sensazionalismo”, ma che lei ha raccontato in questa intervista pubblicata su La Ventisettesima Ora de Il Corriere.

Perdonami Angelina, ma se è vero che la comunità LGBT sbaglia su parecchi fronti, anche tu ti contraddici non poco.

Prima dici che “si sbaglia perché si cerca sempre la  normalizzazione che è in realtà una volontà di etero normalizzazione” però poi, a proposito del Gay Pride affermi che “tutta la comunità dovrebbe capire che non aiuta mostrarci in un certo modo” (immagino che con “un certo modo” tu ti riferisca a trans e maschioni palestrati semi nudi).

Sulle adozioni ai gay affermi che sei fondamentalmente d’accordo ma che “mi spaventa molto la società in cui viviamo. Se un bambino ha una coppia di genitori omosessuali, con la cultura vagamente fascista che c’è adesso, a scuola diventerebbe subito “il figlio dei froci”. Sarebbe vessato da tutti gli ignoranti”. Salvo poi dire che “se la Chiesa non ci accetta, non ci rispetta, ma basta, andiamo avanti”.

Andare avanti, non etero-normalizzarci non vuol dire mostrarsi per quel che si è (quindi ben vengano le persone in jeans e polo, ma anche le trans semi nude ed i maschioni palestrati), anche se ci saranno sempre gli ignoranti ed i fascisti pronti ad offenderti?

Tu nella tua transizione non hai avuto problemi perché hai un carattere molto forte, bisogna che prima o poi impariamo tutti.

 

P.S. La risposta è arrivata via Facebook…

BzGQYcMIIAAX3Lr

Ask Google

In principio Google era un sito web utile per effettuare una ricerca. Poi ha iniziato a gestire la tua posta, ti mostrava le mappe online e ci potevi anche calcolare un percorso. Pian piano è cresciuto, aggiungendo sempre più servizi web, YouTube e Blogger i più conosciuti, amati ed usati.

Ma la vera svolta secondo me, è stata la creazione di Google+, una sorta di social network, che in realtà, diciamocelo, è solo una “scusa” per avere i tuoi contatti, le tue relazioni sociali, i tuoi gusti, le tue foto e tutte le informazioni che ti riguardano così da propinarti la pubblicità più adatta ai tuoi gusti.

Ora che Google ha anche un suo SO mobile, Android, che per inciso è diventato il sistema operativo più diffuso al mondo, i suoi servizi sono unificati sotto un unico account.

Risultato? Google SA TUTTO di te.

Sa dove stai di casa, dove lavori, tiene traccia di tutti i tuoi spostamenti, ti dice quando partire, dove andare e qual’è la via migliore.

Ha iniziato a gestire i tuoi acquisti, le tue prenotazioni ed i tuoi voli.

Conserva le tue note ed i tuoi promemoria, ti da consigli ed avvisi basati sulla tua posizione.

Sa addirittura cosa fare e chi avvertire in caso di una tua prematura dipartita.

Praticamente sei stato Googlizzato. Io di sicuro. E non ne potrei più fare a meno… <3

In definitiva: se dovete chiedermi qualcosa, chiedetelo direttamente a Google, sicuramente ne sa più di me.

Per approfondire: la storia di Google nel dettaglio.

Stagioni #demmerda

Da leggere ascoltando “Casey” by Darren Hayes.

Primavera, i fiori sbocciano, le piante riprendono vita, l’erba diventa più verde che mai.

Nell’aria c’è profumo di promesse che speri, anzi sei sicuro si realizzeranno in estate quando verrà il caldo, la spensieratezza e tutto sarà più facile e più bello.

Finché c’è il bel tempo, tra vacanze al mare ed il sole che accompagna le tue giornate, speri ancora che quei desideri si possano realizzare, ne sei convinto fino all’ultima goccia d’estate.

Ma poi arriva l’autunno, coi suoi colori cupi, bellissimi ma tristi e malinconici, fatto di foglie che cadono, umido, pioggia, e niente è successo.

Ed in un attimo è subito inverno, dove niente nasce e niente cresce più, se non il desiderio che vengano di nuovo primavera ed estate al più presto possibile.

Verdetto finale: ma andate a cagare

Ebbene si, guardo “Verdetto Finale” su RaiUno. Dopo pranzo mi ci scappa una piccola pennica e la televisione accesa concilia il sonno. Non che ne abbia bisogno, in realtà, ma tant’è e la scelta a quell’ora è fra quello e “Detto Fatto” su RaiDue, fate un po’ voi.

Un paio di volte o poco più, con mio sommo stupore, mi è capitato di vedere puntate in cui erano trattati temi vicini alla comunità Lgbt. Ma lo stupore si è tramutato molto presto in altro.

Stai lontano da me

La prima volta c’era il figlio che portava in giudizio il padre perché quest’ultimo non gli aveva mai detto che era gay ed al poverino era toccato scoprirlo quando lo aveva trovato a letto con il suo amante (la madre/moglie era già al corrente di tutto, ndr), era rimasto traumatizzato e dal “tribunale” di RaiUno voleva un’istanza che obbligasse il padre a stargli lontano. E tutti giù a dare addosso a quest’uomo perché era falso ed ipocrita.

La stanza dell'ospedale

La seconda altra volta il padre di un ragazzo litigava col compagno del figlio in coma perché non lo voleva far avvicinare al capezzale del moribondo sostenendo che lui avesse messo il povero figliuolo contro la sua famiglia. Ci fosse stato qualcuno che avesse spezzato una lancia a favore del compagno, magari ipotizzando che fosse la famiglia ad opprimere il ragazzo e che il suo compagno gli avesse dato finalmente un po’ di sollievo invece.

La bambola

Oggi invece un padre era preoccupatissimo per il figlio che a 9 anni sembrava già dimostrare delle inclinazioni omosessuali e allora voleva che fosse dato in affidamento a lui e non alla mamma che lo assecondava in questi suoi strani gusti.

LO ASSECONDAVA!! Capito che madre degenere? Faceva giocare il figlio con le bambole, lo lasciava uscire con delle bambine, gli faceva mettere una maglietta rosa… E tutto questo solo perché il bambino lo desiderava. Dove andremo a finire. Ed invece il padre no, lui l’avrebbe fatto giocare a calcio, gli avrebbe fatto fare amicizia con altri maschietti… Insomma, lo avrebbe represso. E anche in questo caso la madre, a sua discolpa, diceva che comunque “non è mica che si vuole mettere i miei tacchi o ha voce e movenze femminili”. Insomma, è solo finocchio, mica un travestito demmerda.

Boh, forse sarò io che sono troppo estremo quando si entra in argomenti delicati, ma mi è sempre sembrato che si trattassero questi argomenti con un diffuso schifo, con quest’aura di bigottismo diffuso in Italia che tanto piace anche alla Rai.

E non sia mai che, visto che è tutto finto, scritto e studiato al tavolino, si approfitti della tv di Stato per fare del vero servizio pubblico e si provi un po’ a far evolvere questa povera Italietta, no.

…What if?

I have censored my eyes, I hear drums in my ears

Redirected desire, now it comes out as tears

Cosa sarebbe successo se nel 2006 avessi deciso di non tornare a Siena ma invece avessi chiesto il trasferimento in una città “di più ampio respiro” come Milano, Roma o anche solo Firenze?

Cosa sarebbe successo se finita la scuola avessi deciso di fare l’università invece che andare subito a lavoro?

Cosa sarebbe successo se dopo le medie avessi scelto un percorso formativo più artistico invece di un banale tecnico commerciale?

Non lo sapremo mai, o almeno fino a che qualcuno non inventerà la macchina del tempo, ma io ho comunque questa tendenza (suicida) ad immaginare cosa avrei potuto fare/essere se avessi operato delle scelte diverse in quelle situazioni che potrebbero essere definite come dei “bivi”.

Fondamentalmente perché non sono pienamente soddisfatto della situazione presente, o forse perché ho letto troppe storie a bivi su Topolino quando ero piccolino. O forse perché la mia mamma mi ha sempre abituato a non essere mai soddisfatto, che se tornavo a casa ed avevo preso 8 mi diceva che avrei potuto prendere 9, se prendevo 9 avrei potuto prendere 10. E se prendevo 10, ok, hai fatto il tuo dovere.

E questo è senz’altro positivo, mai adagiarsi sugli allori e cercare sempre di migliorarsi. Ma ora mi devo convincere che non c’è bivio mancato che tenga, non ci sarebbe mai stato un futuro ipotetico dove io sono diventato una popstar ricca e di fama mondiale e dove Madonna “4 Minutes” l’ha incisa con me invece che con Justin (a proposito, “the road to hell is paved with good intentions“).

E sopratutto devo rimanere ancorato al presente, che nella situazione attuale non è facile per nessuno, ma dove io ho tutto quello di cui posso aver bisogno: una famiglia che mi vuole bene, tanti amici fantastici, un’anima gemella, una casa ed una macchina di proprietà, un po’ di debiti e un lavoro a tempo indeterminato che me li paga.

E poi devo smettere di essere così egoista: non è colpa degli altri se non sono riuscito a fare una cosa o se non riesco a farla, ma sono io che non sono stato capace o forse valgo proprio meno di quel che ho sempre voluto credere.

I always thought I was better than this
But temptation tempts the temptee

In questi giorni va così: tempo grigio, depressione e citazioni deprimenti.

Tolleranza, una parola che non mi piace

“…La tolleranza? Per me è basilare, fondamentale. I gay io li tollero senza problemi, basta che sappiano come la penso e che non mi rompano le scatole”

Ecco, in questa frase che ho sentito ieri sera negli spogliatoi della palestra, ma che sicuramente avrete sentito anche voi da qualche parte almeno una volta nella vostra vita, c’è concentrato tutto il bigottismo italiota.

Ma andiamo per gradi.

Dizionario

Tralasciando la descrizione n° 3 che mi sembra puramente tecnica, le descrizioni 1 e 2 stridono un po’ tra di loro. O perlomeno, se quello che si vuole esprimere è il significato n° 2, secondo me andrebbe usato un altro sostantivo (appunto comprensione, rispetto).

Io, forse sbagliando, sono abituato a dare un’accezione negativa alla tolleranza, perché io posso tollerare il caldo o il freddo, ma comunque un po’ lo soffro lo stesso. Tollero una persona petulante o prolissa, però se non lo fosse non mi darebbe noia. Tollero gli impediti alla guida che impicciano le strade, ma in fondo in fondo toglierei la patente a tutti quanti. Tollero quelli che scrivono al pc da 30 anni ma ancora non hanno imprato che lo spazio va dopo la punteggiatura e non prima. Insomma, tollero qualcosa che comunque mi da fastidio, ma sopporto perché ho deciso così.

Ecco, non vedo nessun motivo per cui “tollerare” un nero o un gay o un disabile. Non vedo proprio perché dovrei. É come se io dicessi che “tollero” i biondi… Che cazzo vuol dire?

La tolleranza per me presuppone un giudizio negativo, mentre la comprensione ed il rispetto no.

Per questo non mi piace la parola tolleranza.

La tristezza che mi pervade (a caso fa’ conto)

É sorprendente come oggigiorno tu riesca ad intrufolarti indisturbato nelle vite degli altri. Evviva Internet.

Tramite la rete le persone condividono le loro immagini, le loro posizioni, ti parlano di loro, raccontano quello che gli accade, dagli eventi che cambiano la vita fino alle stronzate più stronzate, fanno battute e intrattengono dialoghi con altre persone che tu non capisci mai fino in fondo perché ovviamente c’è un sott’inteso sconosciuto ai più.

Però te ne freghi se non ci capisci un cazzo e vai avanti, divori facce, luoghi, particolari insignificanti e anche una buona percentuale di foto più private, intime, messe lì quasi per puro gusto esibizionista.

Poi ti fermi un attimo e pensi “Ma perché lo faccio? In fin dei conti è tempo perso, probabilmente queste persone non le incontrerò mai dal vivo”. Lo fai perché le loro vite sono più interessanti della tua, cazzo. Le loro vite sono belle e la tua fa schifo?

Ma anche no…

Dopo qualche riflessione lucida realizzi che la tua vita non fa schifo, potrebbe pure essere definita “sopra la media”… Certo, le vite che vivi attraverso i Tumblr, i Twitter ed i blog sono più interessanti, altrimenti saresti scemo a perderci tanto tempo dietro.

Ma magari risultano interessanti solo perché diverse dalla tua. Per loro potrebbe essere interessante la tua, chissà…

E poi di colpo realizzi: ecco perché ti affascinano i Tumblr, i blog, i tweet, i video di Vimeo mentre invece su Facebook guardi solo 4 profili su 500 amici. Perché spesso e volentieri i profili di Facebook sono banali, tristi, tutti uguali, tutti pieni delle stesse cazzate. A vedere quello che traspare dal social network di Zuckerberg, quelle vite lì sì che sembrano fare schifo…

Ovviamente non fanno schifo nemmeno quelle: come al solito è sempre e solo una questione di punti di vista.